Al magnifico e vittorioso signore, il signore Cangrande della Scala, Vicario
generale del sacratissimo Cesareo Principato nella città di Verona e nella città
di Vicenza, Dante Alighieri, fiorentino di nascita e non di costumi, a lui
devotissimo, augura vita felice per lunghi anni e che la gloriosa rinomanza possa
accrescersi per l‘eternità. […]
I primi cinque versi della famosa lettera di Dante Aligheri sopra citata, indirizzata a Cangrande della Scala, sono un sunto del rapporto che legava il letterato fiorentino al Signore di Verona, vicario imperiale in Italia, un omaggio ed insieme un’esaltazione.
Dante Alighieri, esiliato da Firenze, venne accolto da Bartolomeo I della Scala nel 1304, quando Cangrande era ancora bambino (anche se già ne tesseva le lodi), e tornò a Verona forse nel 1312, quando aveva già concluso il Purgatorio, insieme ai figli, alla corte di Cangrande I della Scala, dove rimase fino al 1318 circa (ma secondo alcuni il soggiorno va dal 1315 all’inizio del ’20); in questo periodo si occupò della stesura del Paradiso e probabilmente della Monarchia.
A lungo si e discusso sull’autenticità della lettera citata, ma essa è cosi precisa nei riferimenti che per la maggioranza dei critici non vi e motivo di dubitare della paternità dantesca. Nella lettera, la tredicesima in ordine cronologico e ultima del corpus attribuito al letterato fiorentino, Dante esalta la generosità di Cangrande, che lo ospitò a più riprese durante gli anni dell’esilio. II poeta nella lettera si professa suo amico e dedica a lui il Paradiso, proprio in ragione della generosità che contraddistingueva il signore di Verona.
Inoltre Dante loda la clemenza e la generosità di Bartolomeo e Cangrande nei versi del XVII canto del Paradiso. Nella prima parte del canto Dante scrive del suo lungo peregrinare da una corte all’altra, alla ricerca di un rifugio e del sostentamento, arrivando quindi a parlare dell’accoglienza che riceve nella corte scaligera, un luogo privilegiato rispetto alle altre tappe dell’esilio, passate in silenzio: in particolare loda il soggiorno presso Cangrande, a cui dedica sei delle otto terzine dell’episodio scaligero. Il Cacciaguida, trisavolo di Dante, funge nel canto da profeta e predice le magnificenze del fanciullo di nove anni, magnificenze che ovviamente Dante conosceva. Ma alle magnificenze precedenti ne aggiunge di nuove, consistenti «in cose incredibili a quei che fier presente», incredibili anche per coloro che ne saranno spettatori.
Dante accenna solo indirettamente al soggiorno presso Cangrande, indicando nel canto il Signore di Verona come “Gran Lombardo”, talmente ospitale da essere identificato con la cortesia, la quale gli aprirà le porte della dimora del Lombardo e gli mostrerà un tale riguardo che gli risparmia anche la fatica «del chieder». Nel verso 88 Cacciaguida preannuncia, tra l’altro, i benefici che Dante avrebbe ricevuto da Cangrande, benefici che lo stesso Dante dichiara di avere ricevuto nella epistola di dedica del Paradiso a Cangrande, dove lascia inoltre intendere che anche molti altri avevano beneficiato della sua bontà.
Secondo Dante inoltre, essendo Cangrande nato nel marzo 1291, era impressa su di lui la stella forte: quella di Marte, che porta il nome del dio della guerra. Essendo nato sotto quella stella il fanciullo avrebbe compiuto importanti imprese guerresche.
Dante visse spesso con la preoccupazione dei suoi problemi economici, ma venne generosamente aiutato da Cangrande, il quale, tra l’altro, leggeva affascinato le sue opere, in particolare il Paradiso. Fu tra l’altro, molto probabilmente, grazie al denaro di Cangrande che Dante poté scrivere il De Monarchia, di cui Cangrande fu in parte ispiratore ed influenzatore. Secondo Boccaccio, inoltre, Dante era solito inviare a Cangrande dai sei agli otto canti del Paradiso per volta, in modo che potesse leggerli, e solo allora li pubblicava. Dante e Cangrande erano ormai amici stretti, anche se le visite, dopo che era partito da Verona nel 1318, furono più brevi.
FONTI:
- Freddi, A. De Ferrari, La Letteratura – Vol. 1, Dalle origini all’umanesimo, Milano, Ghisetti e Corvi, 2004
- Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Milano, Einaudi Scuola, 1992
- Marini, E. Napione e G. M. Varanini, Cangrande della Scala: la morte e il corredo di un principe nel Medioevo europeo, Venezia, Marsilio, 2004
A cura di Vincenzo Sario