I tarocchi, detti anticamente Trionfi, sono spesso oggi oggetti associati ad esoterismo e occultismo ma la verità è che la loro origine era scollegata totalmente da questo.
Nonostante le origini incerte le prime documentazioni risalgono attorno al ‘400 in Italia, un’epoca ed un luogo forti di valori cristiani ed è qui che i tarocchi mischiano precetti cristiani a figure dall’aspetto mistico, figure forti e di trasporto per l’uomo medio che viveva la vita da analfabeta e spesso impossibilitato a lasciare il luogo natale.
È facile capire perché quindi queste carte abbiano preso piede, infatti già dall’inizio del ‘500 si diffusero in tutte le regioni della penisola Italiana variando di regione in regione e trasformandosi gradualmente nel tempo nelle carte da gioco che oggi giorno usiamo, come le carte veneziane e perfino le carte francesi.
I tarocchi si possono dividere in due categorie, arcani maggiori e arcani minori. I minori rappresentano scale di semi al cui culmine generalmente vi sono delle figure regnanti. I maggiori rappresentano spesso dei concetti e delle figure mistiche e sono in numero inferiore. Le composizioni dei mazzi variano a seconda del periodo storico e della provenienza.
A riguardo dell’origine dei tarocchi vi sono molti dubbi.
Alcuni esperti suppongono che l’origine possa provenire da carte persiane dette Ganjifa, teoria screditata da altri studiosi perchè non combacerebbero i tempi storici di quest’ultime.
Un’altra teoria diffusa suppone che derivi addirittura dal viaggio del Milione di Marco Polo ma non tornerebbe con la struttura dei mazzi cinesi dell’epoca sostanzialmente differente da quella occidentale.
Tra le prime vere testimonianze dei trionfi abbiamo quella di Giusto Giusti che afferma di aver comprato un mazzo a Firenze.
“Venerdì a dì 16 settembre donai al magnifico signore messer Gismondo un paio di naibi a trionfi, che io avevo fatto fare a posta a Fiorenza con l’armi sua, belli, che mi costaro ducati quattro e mezzo” Giusto Giusti, 1440
Altre testimonianze come quella Jacopo Antonio Marcello che ne donò un mazzo fatto fare da Filippo Maria Visconti a Isabella di Lorena, moglie di Renato d’Angiò in cui lì definì “quoddam et exquisitum triumphorum genus”.
Il mazzo di numerose carte viene descritto solo in parte nel trattato di Jacopo Antonio Marcello Tractatus de Deificatione Sexdecim Heroum.
Quelle elencate sono le sedici carte illustranti divinità greche divise in quattro concetti, oltre queste il trattato descrive ulteriori quattro carte raffiguranti dei re.
Virtù | Ricchezze | Verginità | Piaceri |
Giove
Apollo Mercurio Ercole |
Giunone
Nettuno Marte Eolo |
Pallas
Diana Vesta Dafne |
Venere
Bacco Cerere Cupido |
Il valore aggiunto quindi che potevano avere questi mazzi era quello di diventare opere artistiche e pittoriche che quindi erano comprensibili senza bisogno di spiegazioni. Raffiguravano principi etici e ben chiari alla mente di chi le osservava e le contemplava.
Nonostante le raffigurazioni artistiche e simboliche lo scopo del mazzo era quello di gioco le regole del trattato descrivono quello che sembra un gioco di ars memorativa e di presa con vere e proprie scale di semi, antichi antenati di giochi comuni ad oggi come la briscola sviluppati soprattutto a posteriori nel XVI – XVII secolo.
La datazione di questo mazzo descritto da Marcello è di prima del 1425, anno di decesso di quest’ultimo.
La prima documentazione pittorica però l’abbiamo nell’affresco nel Palazzo Borromeo (Milano) datato a fine 1540 e anche in questa documentazione anche di svago e divertimento in quanto la scena l’utilizzo delle carte non è di sola contemplazione ma raffigura un gruppo di giocatori.
A differenza quindi dell’ idea comune che i trionfi fossero usati per l’arte divinatoria la realtà sembrerebbe essere diversa e probabilmente ciò è frutto di opere letterarie e di utilizzi divinatori posteriori al Medioevo e al Rinascimento.
Sicuramente oltre i giochi di abilità le carte, soprattutto i tarocchi maggiori, erano utilizzate per sfide verbali e immaginifiche ove si componevano motti e frasi di ispirazione. Generalmente per questi componimenti erano utilizzati mazzi realizzati in acquaforte (XV secolo) o i tarocchi del Mantegna (50 raffigurazioni additate erroneamente in passato al Mantegna e quindi non propriamente tarocchi).
I tarocchi più antichi che sono stati ritrovati e documentati sono i tarocchi Visconti: 67 carte dipinte a mano e finemente ornate e attribuite ai Visconti per araldica e elementi presenti al tempo di Filippo Maria Visconti nel 1442. Sono composti da quattro scale da 14 carte dai semi di coppe, spade, bastoni e denari dove ciascuna scala culmina con 6 carte di corte. Sono presenti inoltre 11 trionfi maggiori rappresentati: l’imperatrice, l’imperatore, l’amore, il coraggio, la fede, la speranza, la carità, il Carro, la Morte, l’angelo e il mondo.
Le virtù teologali di Fede, Speranza e Carità non erano comuni nei mazzi ed è testimonianza dei valori a cui la famiglia Visconti era legata.
La ricchezza dei tarocchi sta nella loro diffusione e differenza regionale che spesso implicava versioni diverse dello stesso gioco: non era strano infatti che il conteggio dei punti nei giochi variava da città in città o che le figure stesse nei trionfi fossero diverse da corte a corte.
Sono una testimonianza quindi di uno svago nobiliare e del volgo e di principi morali ed etici della società di allora.
FONTI:
- Alain Bougearel Franco Cardini Andrea Vitali, La Carovana dei Tarocchi
- Helen Farley, A Cultural History of Tarot
- I Giornali di ser Giusto Giusti d’Anghiari
- Paolo Aldo Rossi, Le origini italiane del Ludus Triumphorum
a cura di Emiliano Brazzoli