Il 4 luglio 972, il patriarca di Aquileia, alla presenza di importanti personaggi ecclesiastici e civili, ebbe a pronunciarsi in merito all’autenticità di una cartula iudicati relativa alla cessione dei beni di un tal Prediverto a favore della chiesa dei Santi Faustino e Giovita: una parte di questi beni era ubicata in Insola Azanensis. È questa la più antica attestazione nota, relativa al nome del paese di Isola della Scala, in una variante della forma latina Insila Cenensis.
L’originario nome di Insula Cenensis fu utilizzato ancora fino agli anni 1260, ma già all’inizio del secolo le fonti registrano anche la denominazione di Insula Comitum (o, al singolare, Comitis), relativa ai Conti Da Palazzo. Ad essi infatti spettava la giurisdizione sulla villa di Isola in quell’epoca. È probabile che il nuovo nome sia stato impiegato nella pratica documentaria sotto la spinta della particolare situazione politica: infatti esso fu introdotto proprio negli anni cruciali della lotta tra la pars Comitum, guidata dai conti di San Bonifacio e alla quale aderirono gli stessi Da Palazzo, e la fazione dei Monticoli. In un momento di accesissima conflittualità, la nuova denominazione sembra indicare Isola come centro di resistenza legato alla parte dei conti.
Nel 1230, quando i Monticoli (la fazione avversa), presero il potere a Verona, il Conte di San Bonifacio e lo stesso Giovanni da Palazzo furono catturati e le loro case e le torri distrutte. La pianura venne sconvolta dagli scontri tra Veronesi e Mantovani,tradizionalmente alleati della pars Comitum, i quali devastarono nell’ottobre 1233 diverse ville del distretto.
Col tramonto delle fortune dei Da Palazzo e il trasferimento dei loro beni e diritti ai Della Scala, il nome del paese mutò in Insula Scallarum.
Forse a ricordo dell’originaria denominazione di Insula Cenensis, nei più antichi stemmi del comune sono raffigurate tre spighe di tifa, specie vegetale tipica dell’ambiente palustre locale.
Quando presero il potere in Verona, nella seconda metà del Duecento, gli Scaligeri erano una famiglia autorevole, ma non di antichissima tradizione, e tutto sommato non ricchissima. Per lo meno, rispetto ad altre famiglie cittadine che avevano da lungo tempo il controllo di castelli, essi non avevano un patrimonio concentrato, imperniato su una località, bensì dislocato anche in alcune zone a nord ovest del paese.
Divenuti signori, gli Scaligeri (in particolare Mastino I della Scala e Alberto I della Scala, i fondatori della signoria tra il 1260 e il 1300) consolidarono enormemente la potenza economica della famiglia soprattutto attraverso due strade: il rapporto privilegiato con le istituzioni ecclesiastiche e la confisca dei beni dei nemici politici. E proprio il patrimonio dei conti da Palazzo, confiscato con la disfatta ai primi del Trecento, ha costituito la base del possesso terriero scaligero.
Gli Scaligeri avevano un rapporto privilegiato con le istituzioni ecclesiastiche, e nel caso di Isola esso si concretizzò soprattutto nelle concessioni dei diritti di decima, anch’essi in parte conferiti in precedenza ai da Palazzo, ma poi trasferiti ai nuovo signori. Da parte di vescovi, non ebbero mai nessun problema: la chiesa veronese è fortemente dipendente dal potere politico lungo tutta l’età scaligera. Basti pensare che ben tre vescovi appartengono alla famiglia dei signori (uno di loro Pietro II della Scala 1351-1387, occupa la cattedre vescovile per oltre trent’anni), e che altri due (Bonincontro e Tebaldo), sono – se non una creatura dei signori – certamente ben disposti verso di loro, e affrontano tranquillamente le scomuniche papali. Non sorprende dunque che ad ogni signore vengano riconfermati i diritti di decima.
Beni fondiari e diritti scaligeri venivano amministrati da un factor o amministratore signorile, cioè un dipendente privato dei signori, che con l’andar del tempo venne assumendo tuttavia un ruolo sempre più importante. Si creò anzi una vera e propria rete di funzionari, dipedente dal signore, che risiedevano in campagna e sovrintendevano alla raccolta dei prodotti della terra e all’esercizio dei diritti pubblici.
Anche a Isola della Scala si creò un centro amministrativo di questo tipo, per il quale si costruì, o riattò, una domus magna. Di questo complesso facevano parte anche alcuni casamenti ubicati in quello che è attualmente il centro di Isola della Scala, tra il cimitero della pieve e la via che portava alla torre civica, grosso modo quindi dove si trova l’isolato ora chiamato ‘il castello’ presso Piazza Nazario Sauro. Ad ovest prati ed orti arrivavano fino al fiume Piganzo. Ne conosciamo le vicende, peraltro, soprattutto per il periodo veneziano, successivo al regime signorile (scaligero e visconteo): gli archivi dei signori sono stati infatti tutti distrutti.
In effetti, l’assetto fondiario e amministrativo dell’età scaligera lasciò segni indelebili sulle campagne veronesi. Il governo veneziano, infatti, posto di fronte all’alternativa se continuare a gestire un patrimonio fondiario enorme (con costi amministrativi notevoli) oppure liquidarlo, rientrando così delle spese fortissime sostenute nelle guerre di conquista della terraferma (1404-1406), dopo qualche incertezza optò per questa seconda soluzione. E non spezzettò i complessi fondiari esistenti, ma ne conservò la struttura, mettendo dunque all’incanto cospicui blocchi patrimoniali.
Nella grande asta, la garancia di Isola fu acquistata per la quarta parte il 2 ottobre 1406 da Giovanni detto il Gianesello da Folgaria, residente in Verona. Assieme ad essa furono acquisiti la quarta parte di tutte le possessioni e dei diritti di decima ex scaligeri sugli agnelli, capretti, cereali maggiori e minori, fagioli ed iva della villa di Isola nonché sugli agnelli che fossero nati in otto casamenti, il tutto per il prezzo di 1.700 ducati.
Gianesello era un soldato di professione, dotato di forte liquidità: aveva fatto fortuna in età viscontea, e si era stabilito a Verona, dove si era inserito nella èlite cittadina, arrivando a farsi costruire un imponente monumento funebre nella chiesa di moda, Sant’Anastasia. Non mostrò tuttavia particolare interesse per queste terre, e nel 1424 vendette ad Ambrogio Guagnini de Rizzonibus (un mercante di origine milanese) e al notaio veronese Andrea de Levata case e terre refutando contemporaneamente nelle mani del vescovo, perché ne fossero investiti i nuovi acquirenti, i diritti di decima.
La proprietà Guagnini durò, a Isola, per lunghi secoli.
FONTI:
- “Isola della Scala” di Bruno Chiappa e Mario Modena
- “Isola della Scala – Territorio e società rurale nella media pianura veronese” – Comune di Isola della Scala – a cura di Bruno Chiappa
a cura di Monia Mantovanelli